L’unica
salvezza è il taglio delle tasse
Di
Carlo Pelanda (10-11-2008)
I governanti
in Europa appaiono particolarmente nervosi perché vedono l’acuirsi della recessione
e non sanno bene cosa fare. Alcuni cercano di schivare la responsabilità
affermando che la crisi è globale ed epocale e che sul piano nazionale si può
far ben poco. Altri poi, per marcare
un’eccezionalità che implica soluzioni ben oltre le possibilità nazionali,
invocano con linguaggio apocalittico o “riforme del capitalismo” (Sarkozy) o “ridisegni
del sistema globale” o soluzioni paneuropee. Da un lato, è vero che la crisi
finanziaria e la recessione globali richiedano una gestione coordinata a
livello globale, che infatti sarà avviata nel summit di Washington, e di
riorganizzazione europea. Dall’altro, ogni governo nazionale ha precise
responsabilità e facoltà per attutire la crisi con l’unico metodo che funziona
in questi casi: dare il più velocemente possibile capitale, via detassazione, a
famiglie ed imprese affinché le prime mantengano i consumi e le seconde gli investimenti invece di
licenziare. Ma in Europa non sta succedendo.
Può un
mercato nazionale essere stimolato nonostante il ciclo globale negativo? Certo,
non al punto da invertire la crisi, ma abbastanza per attutirla. Inoltre, se
tutte le nazioni fanno le politiche giuste la crisi globale sarà più breve. Ma
quanta facoltà di intervento possiedono i governi europei ed il nostro? Il
Regno Unito ha annunciato una stimolazione fiscale robusta che ne aumenterà
temporaneamente il deficit pubblico. La Germania ha varato un piano misto di stimoli
fiscali e aiuti selettivi pari a 24 miliardi di euro. Poco, ma comunque
qualcosa. La Francia
in fase di rifondazione del capitalismo non si capisce ancora cosa voglia fare.
L’Italia – già da due trimestri in recessione per conseguenza delle politiche
restrittive del governo Prodi nel 2007 – è ferma. Da questo breve specchietto
si può osservare che la reattività contro la crisi dipende dalla quantità di
debito e dai vincoli di bilancio. L’Inghilterra ha sovranità monetaria, cioè
libertà di bilancio, e poco debito e pertanto tenta una forte
ricapitalizzazione d’emergenza del sistema usando lo spazio di deficit. La Germania ha relativamente
poco debito (circa 65% del Pil) ma forti eurovincoli di bilancio e fa quello
che può – pur insufficiente - entro di essi. L’Italia ha un debito pauroso
(104% sul Pil) e non può aumentarlo ancora perché ciò comporterebbe
l’incremento del rischio di insolvenza dello Stato, già registrato dal mercato
come differenza tra rendimento dei titoli pubblici italiani e tedeschi. Per
questo motivo Tremonti ha totalmente ragione nel frenare stimolazioni fiscali
in deficit. Ma anche la
Confidustria ha totalmente ragione nell’implorare
disperatamente il taglio delle tasse per salvare le imprese dalla recessione.
Qui c’è il punto di blocco del nostro governo. Non può fare, ma deve fare
qualcosa. C’è una soluzione? L’unica nel breve termine è quella di ricavare dal
bilancio pubblico, senza aumentare il deficit, tutta la spesa non essenziale
per trasformarla in spazio di detassazione. Quanto? Circa 15 miliardi sono
riallocabili velocemente, ma con enormi difficoltà dovute agli interessi,
politicamente influenti, che verrebbero colpiti. Pur comprensivi, dovremmo
ricordare al governo ed alla maggioranza che un euro reso disponibile per la
detassazione ne produce almeno venti, mentre se speso per assistenze resta uno
o meno. Prendete responsabilità e detassate il possibile invece che mantenere
spesa pubblica diretta a favore di quello o altro. Se i lettori sono d’accordo
lo ripetano a gran voce perché il tempo utile è poco.
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